Arbitrato irrituale societario

Il Tribunale di Salerno ha recentemente deciso una complessa vicenda societaria e la sua pronunzia (n. 3296 del 21 ottobre 2019, disponibile qui), unitamente a quella resa dalla Corte di Appello di Salerno con riferimento alla stessa vicenda (n. 1311 del 14 settembre 2018, disponibile qui), rappresenta a mio avviso un’ottima occasione per svolgere alcune brevi riflessioni in tema di arbitrato irrituale societario, ossia di rapporto tra la disciplina dell’arbitrato irrituale contenuta nel codice di rito e disciplina dell’arbitrato societario di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5.

Un particolare profilo di interesse, in questo ambito, è quello della eventuale possibile applicazione all’arbitrato irrituale della disciplina inderogabile posta dal d.lgs. 5/2003 con riferimento al regime delle impugnazioni di delibere sociali.

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Autonomia della clausola compromissoria

La clausola compromissoria, nel nostro ordinamento e in molti altri, non rappresenta una clausola accessoria del contratto in cui è inserita, ma un contratto a effetti processuali a sé stante.  In questo senso, si parla di autonomia della clausola compromissoria.

Il principio, che si ricava dal disposto dell’art. 808 cod. proc. civ. (“La validità della clausola compromissoria deve essere valutata in modo autonomo rispetto al contratto al quale si riferisce“), viene derogato solo in materia fallimentare (art. 83-bis l.fall.: ne ho parlato in questo post).

E lo stesso principio deve essere tenuto presente in caso di conclusione di un contratto preliminare, che contiene una clausola compromissoria, e di un successivo contratto definitivo, che invece non la contiene.  Anche di questo argomento mi ero occupato, ormai qualche anno fa (in questo post), ma attesa la sua rilevanza, anche da un punto di vista pratico, ritengo opportuno ritornarci.  E l’occasione per farlo mi è offerta da una recente sentenza della Corte di Appello di Brescia (n. 1474 del 10 ottobre 2019, disponibile qui).

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Crediti del fallimento e arbitrato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Cass., Sez. I Civ., 30 settembre 2019, n. 24444, disponibile qui) affronta il tema della competenza arbitrale a decidere controversie relative a crediti del fallimento.

Si tratta di un argomento di sicuro interesse: già ne avevo parlato in passato (ad esempio in questo post) e a breve se ne parlerà in un evento organizzato dalla Camera Arbitrale di Milano (il programma del ciclo di conferenze è disponibile qui).

Ancor più interessante è la sentenza della Cassazione perché, dopo aver richiamato i principi generali in materia, li ha applicati a un caso particolare, sul quale non mi risultano altri precedenti editi: quello dell’azione ex art. 150 l.fall., ossia dell’ingiunzione emessa dal Giudice delegato del fallimento, su richiesta del curatore, nei confronti dei soci della società fallita per i versamenti di capitale ancora dovuti.

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Arbitrato e azioni extracontrattuali

Nel precedente post ho esaminato una sentenza, resa in materia di arbitrato e restituzioni contrattuali, che trovo non corretta.  Questa sentenza infatti, sulla base di una ricostruzione dogmatica apparentemente ineccepibile, è giunta a conclusioni che, conformi alla giurisprudenza della Suprema Corte, mi sembrano però in contrasto con il favor arbitrati della nostra legge.

Ho quindi fatto una ricerca, in un ambito molto preciso, ma che ritengo molto significativo: quello delle domande ex art. 1669 cod. civ.: domande extracontrattuali, quindi, ma che sono connesse a un rapporto contrattuale.  E ho appurato che, in questo caso, taluni Giudici statuali affermano la competenza arbitrale (tanto hanno fatto la Corte di Appello di Catania, nella sentenza n. 820 del 10 aprile 2019, disponibile qui; e la Corte di Appello di Bologna, nella sentenza n. 2453 del 5 ottobre 2018, disponibile qui). E lo fanno nonostante un orientamento contrario della Cassazione (Cass. Sez. II Civ., 3 febbraio 2012, n. 1674, disponibile qui; e Cass., Sez. VI Civ., 15 febbraio 2017, n. 4035, disponibile qui).

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Cessione di credito e clausola compromissoria

La Suprema Corte ha recentemente confermato il suo orientamento sul tema della circolazione della clausola compromissoria in caso di cessione di credito (Cass., Sez. I Civ., 14 giugno 2019, n. 16127, disponibile qui).

Mi ero già occupato in passato del tema (in questo post), ma attesa la sua estrema rilevanza pratica mi sembra opportuno ritornarci.

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Formulazione della clausola compromissoria e impugnazione del lodo

La formulazione della clausola compromissoria riveste una fondamentale importanza: è un tema di cui mi sono occupato in diverse occasioni (ad esempio qui).  Una recente decisione della Corte di Appello di Milano (n. 2528 del 10 giugno 2019, disponibile qui) lo conferma anche con riferimento all’impugnazione del lodo.

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Interpretazione di clausola compromissoria statutaria

Due recenti pronunzie del Tribunale di Milano (sentenza n. 8440 del 31 luglio 2017, disponibile qui; e sentenza n. 11038 del 3 novembre 2017, disponibile qui) dimostrano una volta di più, qualora ve ne fosse stato il bisogno, la fondamentale importanza rivestita dalla formulazione della convenzione di arbitrato e in particolare della clausola compromissoria statutaria.

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